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Intervista a Mirko Schembari, Presidente Jeet Kun Do di Salerno

20/03/2014

La storia del Jeet Kune Do nasce nel 1964, in una palestra ad Oakland di proprietà di Bruce Lee. Ma soltanto dopo un grave incidente che lo coinvolse, Lee perfezionò quest’arte attraverso una costante ricerca sia filosofica che metodologica, resa possibile dal tempo di convalescenza. In seguito a quella ricerca, Bruce Lee disse a proposito del Jeet Kune Do: « Il Jeet Kune Do rifugge dal superficiale, penetra nel complesso, va al cuore del problema e ne individua i fattori chiave. »
Chi, nella nostra città, porta alto il nome di questa disciplina, è il giovane Mirko Schembari, Presidente del Jeet Kun Do di Salerno, con cui ho avuto il piacere di conversare sulla sua attività.


Parliamo innanzitutto del tuo sport: se dovessi introdurlo a chi non lo conosce, come lo spiegheresti?

L'arte che io pratico come stile di vita e soprattutto come filosofia si chiama Jeet Kune Do Street Fighting ed il creatore di questa arte è stato il grande Bruce Lee.

Bruce Lee ha cominciato a 13 anni, tu invece a che età e perchè hai intrapreso questo sport?

Il JKD è il principio di più discipline sia di arti marziali sia di sport da combattimento e chi lo pratica potrà confrontarsi con qualsiasi altra disciplina. Io ho iniziato all’età di 8anni perché timido, allora mio padre, per spronarmi, mi introdusse nel mondo delle arti marziali.

Qual è la principale differenza tra il JKD, le arti marziali tradizionali e gli altri sport da combattimento?

La differenza tra il JKD e qualsiasi disciplina marziale o sport da combattimento e che nel JKD Street Fighting non ci sono regole, si improvvisa il combattimento da strada. Per strada non ci sono regole, il JKD Street Fighting sostiene degli allenamenti per affrontare un combattimento da strada, cioè con armi, colpi ai genitali, agli occhi eccetera. Ma soprattutto è un' ottima autodifesa.

Qual è stata la prima soddisfazione che hai avuto?

A sedici anni, quando feci il mio primo match in una palestra qui a Salerno e vinsi per K.O.
Poi a ventun anni diventai presidente della mia disciplina nella città di Salerno.

Così giovane eppure già presidente del Jet Kune Do di Salerno. L' avresti mai immaginato ai tuoi inizi?

Essere presidente è stato uno dei miei sogni, rappresentare l'arte che io pratico, essere il punto di riferimento dei tanti maestri di Salerno e di tante persone appassionate di arti marziali.

Qual è invece l'ultimo obiettivo che hai raggiunto?

Trasmettere la mia filosofa e il mio stile di vita a tutti i miei allievi, un altro grande obiettivo è stato vedere i miei allievi vincere su altre discipline.

C'è qualcuno che reputi tuo "maestro"?

No, perchè ho avuto più esperienze marziali, non ho avuto un singolo maestro. Quando ero piccolo e cercavo un maestro per spronarmi, cercavo un uomo che mi potesse aiutare a realizzare il mio sogno, cioè quello di combattere e confrontarmi con altri atleti. Questo maestro non l'ho mai avuto e non è mai esistito, da piccolo cercavo solo un maestro di vita che mi potesse seguire per realizzare i miei sogni, per fortuna ho sempre avuto un carattere combattivo, mi sono dato forza da solo e a sedici anni andavo fuori Salerno per cercare di allenarmi tutti i giorni con delle persone sempre più forti, uscivo dalle scuola alle 13:30, prendevo il pullman e andavo a Napoli o in provincia per allenarmi, lo facevo fino alle 21:00 di sera e ho dovuto fare km a soli 16 anni per poter riuscire ad a imparare il più possibile di tutte le discipline. Una delle cose più brutte nell’ età adolescenziale è scegliere tra la strada e le arti marziali: io, per fortuna, dopo tutti questi sacrifici, ho scelto l’ arte del Jeet Kune Do e porterò per sempre in alto la filosofia del grande Bruce Lee. Per tutto quello che ho passato, cioè di non aver mai avuto un maestro, dedico tutta la mia vita ai miei ragazzi, ovvero alla Schembari School Salerno.

Come ci si sente ad insegnare a ragazzi che si affidano a te? E qual è il tuo approccio con loro?

Insegnare le arti marziali ai miei allievi è una soddisfazione bellissima, vedere bambini, adolescenti adulti e ragazze condividere la stessa passione per me è una gioia immensa, aiutare chi è in difficoltà, chi ha scelto il mondo della violenza o della strada e potergli dare un obiettivo è una cosa bellissima. Io ed i miei ragazzi abbiamo un rapporto bellissimo, una delle frasi che ripeto sempre è che la cosa più difficile per un maestro è formare in gruppo, io sono riuscito a formare una famiglia, loro sanno che, dentro o fuori dalla palestra, possono sempre contare su di me, perché questo vuol dire essere maestro.

Prima mi parlavi del JKD come una filosofia di vita. Perchè?

Perchè chi lo pratica come me, cioè come stile di vita, può capire bene che le arti marziali non sono pugni, calci o violenza, ma sacrifici di vita come studiare le altre discipline e soprattutto dimostrare che la tua arte può confrontarsi con qualsiasi disciplina marziale. Chi usa questa arte come stile di vita impara a proteggere le persone indifese, e soprattutto aiuta a formare un carattere da uomo maturo.

Oltre alle soddisfazioni immagino ci sia un duro allenamento, qual è il tuo regime di allenamento personale?

Il mio allenamento prima di combattere consiste nell’ allenarmi fisicamente: in questo ambito mi segue la mia preparatrice, Annamaria Santoro, che mi segue dal primo match quando feci il primo K.O. Mi alleno tutti i giorni sulle arti marziali e sport da combattimento con vari amici professionisti, ognuno di loro è specializzato in una disciplina.

Nell'ottobre del 2012 sei stato vittima di un accoltellamento e, dopo un periodo di riabilitazione, hai dichiarato "Sono tornano in azione". Quanto ti ha cambiato questa esperienza? e quanto ha inciso, se lo ha fatto, sul tuo modo di praticare il JKD?

Io insegno sempre alla non violenza, per evitare una lite stavo per rimetterci la vita. Dopo quell’ episodio iniziai a scoraggiarmi, non riuscivo a capire ed ero confuso, pensai di mollare tutto anche perchè i medici mi dissero che non potevo più praticare le arti marziali altrimenti sarei rimasto paralizzato. Dopo un po’ di tempo pensai alla mia scuola ai miei ragazzi allora mi feci forza e iniziai ad allenami prima psicologicamente e poi fisicamente. Per fortuna oggi sono più motivato di prima ed è forse anche per questo che cerco sempre di trasmettere la mia passione a tutti i ragazzi ma sopratutto a quelli in difficoltà.

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi? Puoi anticiparci qualcosa?

I miei prossimi obiettivi sono ritornare a combattere e soprattutto riuscire ad aprire una palestra con l’ aiuto del Comune per aiutare chi è in difficoltà.

Martina Grassadonia - ExtraTime - - Vai alla Home

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