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In ricordo del potere della Parola

17/04/2014

Quando si accede ad un social network e ci si ritrova davanti un messaggio citante "T.V.B." certo non si può rimaner sorpresi, rappresentando quest'ultimo il modo più diffuso per esprimere il propio affetto nei riguardi di una persona via chat; com'anche la notissima successione, per non dire confusione, apparentemente illogica, di segni d'interpunzione " :) :( :/ :') " significanti un modo d'essere. Il "certo non si può rimaner sorpresi", inutile a dirsi, era riferito alle nuove generazioni.
Lasciando stare l' età anagrafica, che certo non farebbe onore ai "giovani" della società moderna, queste modalità alternative di scrittura finalizzate a trovare una efficacia scritturale veloce non devono essere viste solo esteriormente anzi, ritengo, bisogni analizzarne non solo le cause bensì gli effetti che quest' ultime possano produrre.
Cause? Effetti?
Sì: una causa è costituita dalla tecnologia, così come spinge la società ad essere sempre più "veloce", egualmente spinge la comunicazione; una causa è costituita dall' impoverimento culturale di cui è sempre più vittima la nostra società, che spinge alla superficialità della gioventù emergente; e causa ne deriverà quella stessa superficialità, la quale non farà che accentuare un processo tendente sempre più alla semplificazione del quotidiano.
Cosa si può celare dietro un innocente "T.v.b." di un ragazzo tredicenne (o ancora più piccolo) ad una amica, o un "non" abbreviato in "nn" e un "perchè" in "pke"? Si cela la perdita della conoscenza dell' uso della Parola.
La Parola, quella spada a doppio taglio, l' arma dei nobili, più tagliente di una lama, un'arma usata per sconfiggere gli avversari, solita usarsi al posto di squallide minacce e di un pugno chiuso che si mostra ora a farsi forti. Quanti mi intendono? Una volta non ci si celava dietro Ask per muovere offese e ingiuste colpe, una volta non si rivelavano segreti amori dietro una chat anonima, poichè, una volta, si era soliti usare un vocabolario da oltre 5.000 lessici e, cari lettori, era una partita di gran lunga più emozionante da giocare. Quanti di questi giovani sono in grado di trovare un sinonimo adeguato ad ogni loro ridottissimo vocabolo semplificato fino all' osso, o a trovare terribilmente vacuo d' emozione un simbolo quale questo ":)", se non addirittura capaci di spiegarmi il significato di "vacuo"?
Una volta si riteneva un patrimonio il "potere della Parola", colto chi solo ne conoscesse una parte, mentre ora non si ha riguardo per chi al posto di una faccina perde un secondo in più per tentare di descrivere anche la più sciocca emozione: si è indifferenti, e così muore la volontà di cercare un sinonimo adeguato al solito "felice". Non si è più capaci di comprendere le sfumature che si celino dietro un verbo, una parola, volgarizzando la nostra lingua arrivando a conoscere solamente e, di conseguenza, ripetere cento volte in un tema, solo il verbo "dire" poichè mai si è andati a ricercarne dei sinonimi e, forse, mai c'è stata una necessità.
Può sembrare sciocco e, invece, è un patrimonio che scompare davanti a noi, non si sa più parlar e, tantomeno, scrivere.
La Lingua distesa dissanguata; il suo sangue, la Parola.

Tag: #parola, #arte, #cultura, #letteratura, #poesia,
Vincenzo Maria Adinolfi - ExtraTime - - Vai alla Home

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